L'acqua di Roma

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Acquedotti, terme e, prima di tutto, fogne e, poi, vigili del fuoco

La crescita della potenza di Roma fu sicuramente dovuta a un insieme di coincidenze, anche fortunate. La posizione geografica, al centro dell’Italia e quindi del Mediterraneo, giocò sicuramente un ruolo fondamentale. Ugualmente importante furono la capacità dei Romani di assorbire ed integrare le culture dei popoli via via conquistati, l’assetto istituzionale capace di adattarsi nel tempo al mutare delle esigenze, l’efficace corpo legislativo che ancora oggi è alla base della legislazione di molti stati moderni e la loro organizzazione militare. Da un punto di vista strategico fu essenziale che il mondo greco non riuscì mai a superare le proprie divisioni interne e fu quindi incapace di creare un controllo stabile dell’area mediterranea. Nel momento in cui Alessandro il Grande, che comunque dai greci era considerato un barbaro, riuscì a compattare il mondo greco, Roma era già abbastanza potente per far sì che le mire espansionistiche si rivolgessero altrove e comunque in un’area geografica che era più contigua al mondo greco. In ogni caso l’impero alessandrino durò, come tale, solo fino alla morte del fondatore, mentre poi quello romano sopravvisse per centinaia di anni.

Ma forse, ciò che consentì a Roma di crescere prima come città e poi successivamente di estendere il suo controllo su tutto il bacino del Mediterraneo e oltre, fu il fatto che i Romani crearono quasi da subito le condizioni perché la loro città potesse crescere.

E nella crescita di una città non ci sta nulla di più importante dell’acqua. Dove ci sta acqua ci sta vita. L’acqua assicura infatti la possibilità di avere condizioni igieniche tali da impedire l’insorgere di malattie epidemiche che, nell’antichità, erano l’incubo di qualsiasi agglomerato urbano. La Roma antica, nella sua storia ultra millenaria, non è mai stata flagellata da epidemie tali da metterne a rischio la crescita e il potere come invece avvenne ad Atene alla fine del V secolo a.C..

Già in epoca monarchica i Romani si dedicarono alla loro prima grande opera di ingegneria idraulica. Questa fu la realizzazione di un sistema fognario efficiente in modo da mantenere la città pulita drenando inoltre le zone paludose in essa compresa e dove potevano proliferare animali portatori di malattie.

Nel VI secolo a.C. venne realizzata la Cloaca Massima con lo scopo innanzi tutto di risanare le aree del Foro Romano, della Suburra e del Circo Massimo e poi di fungere da collettore delle acque bianche e nere che poi venivano scaricate nel Tevere.

Le capacità ingegneristiche degli antichi Romani sono dimostrate dal fatto che, 2500 anni dopo la sua costruzione, la Cloaca Massima è ancora in uso. Il suo sbocco nel Tevere è visibile nei pressi dell’antico Ponte Emilio (Ponte Rotto)-

Gli acquedotti rappresentano probabilmente la vetta massima dell’ingegneria romana. Considerando che solo la forza di gravità garantiva il flusso dell’acqua, era necessaria una eccezionale maestria per garantire la corretta pendenza delle tubazioni.

Gli acquedotti venivano costruiti prevalentemente con tubazioni sotterranee dotate di pozzi di ispezione ad intervalli regolari.

I grandi viadotti ad arcate, di cui i più famosi sono il Pont du Gard in Francia e quello dell’acquedotto di Siviglia in Spagna venivano usati per superare ostacoli naturali o, in tratti molto pianeggianti, per garantire la pendenza.

Nel territorio dell’impero vennero costruiti circa 600 acquedotti. Roma, in epoca imperiale, era servita da 11 acquedotti che portavano in città una quantità di acqua per persona circa doppia a quella disponibile oggigiorno.

Resti degli antichi acquedotti sono visibili in varie parti di Roma. In via di San Gregorio, la strada che porta dal Colosseo al Circo Massimo sono ad esempio visibili le arcate di una diramazione dell’acquedotto Claudio che serviva i palazzi imperiali sul Palatino.

Otto degli undici acquedotti che portavano acqua a Roma convergevano nella zona di Porta Maggiore, allora chiamato ad Spem Veterem. Porta Maggiore stessa è in realtà un tratto monumentale dell’acquedotto Claudio (il condotto dell’acqua è chiaramente visibile nella parte superiore), che venne successivamente inglobato nelle Mura Aureliane diventando una delle porte della città.

L’area in cui la grandiosità di questi capolavori di ingegneria è maggiormente visibile è il Parco degli Acquedotti, area facente parte del Parco dell’Appia Antica e che si trova tra la via Tuscolana e la via Appia Nuova. In quest’area sono presenti sette acquedotti, sia sotterranei che sopraelevati.

La maestria degli antichi Romani nella costruzione degli acquedotti è ulteriormente confermata dal fatto che uno degli acquedotti da loro costruiti, l’Acqua Vergine, è tuttora in uso avendo ovviamente subito nel corso dei secoli numerosi lavori di manutenzione e ricostruzione. L’Acqua Vergine alimenta la Fontana di Trevi, la Barcaccia a Piazza di Spagna e la fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona. L’ingresso ai uno dei condotti di ispezione è visibile in via del Nazareno.

La grande disponibilità di acqua permise agli antichi Romani di realizzare numerosi stabilimenti termali, sia pubblici che privati.

Nel I secolo a.C. a Roma sorgevano già 170 edifici termali. Essi erano frequentati da tutti, ricchi e poveri e anche schiavi, per provvedere all’igiene personale e all’esercizio fisico. Il grande sviluppo degli impianti termali avvenne infatti subito dopo che Sergio Orata, un ricco imprenditore originario di Lucrino, perfezionò l sistema di riscaldamento ad ipocausto, con l’aria calda che passava sotto i pavimenti e nelle intercapedini delle pareti, ed inventò il bagno a vapore. Fino ad allora, infatti, la costruzione di impianti termali era limitata a zone dove vi erano sorgenti calde oppure alle dimore dei più ricchi.

Le maggiori testimonianze giunte ai nostri giorni sono quelle delle grandi terme imperiali costruite da Traiano sul Colle Oppio, da Caracalla alle pendici del piccolo Aventino e da Diocleziano sul Viminale, in prossimità dell’attuale stazione Termini. Le Terme di Caracalla sono probabilmente le più famose poiché vi si svolge la stagione estiva del Teatro dell’Opera. Le Terme di Diocleziano sono invece quelle con edifici meglio conservati. L’aula Ottagona è utilizzata come spazio espositivo dal Museo Nazionale Romano. Gli ambienti del tepidarium e del frigidarium sono stati riutilizzati per la realizzazione della Basilica di Santa Maria degli Angeli da parte di Michelangelo con successiva ulteriore sistemazione da parte di Luigi Vanvitelli.

La grande disponibilità di acqua permise agli antichi Romani di organizzare il primo corpo permanente di vigili del fuoco (vigiles). Roma era una città con oltre un milione di abitanti e dove si trovavano circa 150000 edifici, molti dei quali costruiti, in tutto o in parte, con il legno. Il rischio di incendio era quindi altissimo. Augusto, nel 6 d.C., riformò il piccolo gruppo di vigiles già esistente, ampliandolo notevolmente e dotandolo di caserme e posti di controllo distribuiti sul territorio della città. I vigiles, cui competavano anche compiti di polizia urbana, furono quindi il primo corpo al mondo di vigili del fuoco organizzati scientificamente. A Trastevere, tra via Montefiore, via Giggi Zanazzo e via della VII Coorte, vicino Piazza Sonnino, si trovano i resti visitabili di una delle caserme dei vigiles.